
03 Feb Accertamento nullo se manca l’allegazione dei clienti/fornitori (C.T.P.Campobasso – Sentenza 138 del 26.09.2013)
E’ nullo ai sensi dell’art. 42, D.P.R. 600/73 l’avviso di accertamento che non riproduca, o cui non sia allegato l’elenco dei clienti e dei fornitori cui pure faccia riferimento. A stabilirlo la C.T.P. di Campobasso, con la sentenza n. 138 del 26.09.2013, secondo cui chi invoca in giudizio la responsabilità solidale del rappresentante legale di una associazione ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la sola prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente.
Il testo integrale della sentenza
Svolgimento del processo
Con i ricorsi in epigrafe indicati e relative istanze di reclamo- mediazione, la “V.P.T.”, con sede in Termoli, e il suo rappresentante legale M.G. impugnano l’avviso d’accertamento recante imposte IRES, IRAP e IVA per l’anno 2007, notificato anche personalmente al legale rappresentante in qualità di coobbligato solidale, con il quale l’agenzia delle entrate ha contestato la mancata presentazione della dichiarazione unificata annuale ai sensi dell’art. 3, D.P.R. 322/98, ha accertato un reddito imponibile pari al 3% delle prestazioni effettuate a favore di vari clienti (come da lista CLIFO), prestazioni rientranti tra le attività commerciali, ex art. 148, commi 3 e 4 del TUIR, e ha contestato un’imposta IVA non versata ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. 633/72, deducendo: 1) difetto di motivazione dell’atto impugnato in violazione dell’art. 42, D.P.R. 600/73; 2) difetto di sottoscrizione dell’atto opposto, per mancanza della delega al capo area accertamento a sottoscrivere l’atto in nome e per conto del direttore provinciale; 3) illegittimità dell’asserita responsabilità solidale del rappresentante legale, violazione dell’art. 38 c.c., difetto di legittimazione passiva.
Chiedono, pertanto, l’annullamento dell’avviso d’accertamento, con vittoria di spese e onorari di giudizio.
Si è ritualmente costituita in giudizio la direzione provinciale di Campobasso dell’agenzia delle entrate, rassegnando la legittimità in fatto e in diritto del proprio operato e chiedendo la conferma dell’accertamento, con vittoria di spese e onorari.
Alla pubblica udienza del 17-09-2013 il Collegio ha riservato la decisione.
Motivazione
Preliminarmente il Collegio procede alla riunione del procedimento n. 326/13 R.G. a quello recante il n. 325/13, per connessione oggettiva.
I ricorsi sono fondati e devono essere accolti.
Lamentano i ricorrenti di non aver potuto esercitare a pieno il proprio diritto di difesa a causa della mancata allegazione all’avviso da parte dell’amministrazione della lista clienti e fornitori su cui si basa la rettifica, né di averne riprodotto nell’atto il contenuto essenziale.
L’eccezione è fondata e meritevole di accoglimento.
L’ufficio, infatti, individua con l’avviso di accertamento una serie di soggetti, facendo riferimento a degli “elenchi clienti e fornitori”, i quali avrebbero ricevuto prestazioni di servizio dall’associazione e procede conseguentemente ad accertare ai fini IRES e IRAP ai sensi dell’art. 41, D.P.R. 600/73 un imponibile pari al 3% delle prestazioni effettuate e un’imposta IVA non versata ai sensi dell’art. 74, D.P.R. 633/72.
Detti elenchi clienti e fornitori, però, come eccepiscono i ricorrenti, non sono stati allegati dall’ufficio all’avviso, né è stato riprodotto in questo il loro contenuto sostanziale, avendo, al contrario, l’ente accertante ritenuto sufficiente fornire un prospetto contenente un’elencazione di soggetti con l’indicazione della partita IVA, dell’importo della prestazione e dell’ammontare dell’imposta IVA. Il prospetto riportato nell’avviso impugnato non contiene i dati essenziali degli elenchi clienti e fornitori (numero protocollo di acquisizione, data d’invio) e non consente quindi ai ricorrenti di avere piena conoscenza della pretesa erariale per poter organizzare al meglio la propria difesa.
Va richiamato al riguardo l’art. 42, D.P.R. 600/73, il quale dispone che “l’avviso di accertamento deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato …. Se la motivazione fa riferimento a un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione … e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma.”
Principio ribadito successivamente dalla legge 241 del 7-8-90 che all’art. 3, commi 1 e 2 sancisce l’obbligo di motivazione di ogni provvedimento amministrativo, dalla legge 212/2000 (Statuto del Contribuente), la quale all’art. 7 prevede, in caso di motivazione per relationem, l’obbligatoria allegazione dell’atto richiamato, dal D.Lgs. 32/2001, che all’art. 1, modificando l’art. 42 del D.P.R. 600/73, consente, in luogo dell’obbligatoria allegazione, la sua riproduzione nel contenuto essenziale.
Giova altresì richiamare il principio più volte ribadito dalla Corte di Cassazione e condiviso da questo Collegio, secondo cui per contenuto essenziale deve intendersi l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – e al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (cfr. fra tutte Cass. Sez. 5 Sent. 6914 del 2011, Cass. Sez. 5 Sent. 1906 del 2008).
Ne consegue che l’avviso d’accertamento de quo non soddisfa alcuna delle disposizioni normative citate e quindi deve essere ritenuto nullo.
Eccepiscono inoltre i ricorrenti che all’avviso non è stata allegata copia della delega alla firma conferita dal direttore provinciale al capo ufficio.
La doglianza non è condivisibile, atteso innanzitutto che la delega del direttore provinciale al capo ufficio controlli, conferita con nota prot. 2011/63291 del 12-8-2011 (in data anteriore a quella dell’accertamento, 10-10-12), è stata comunque prodotta in giudizio dalla resistente (in caso di contestazione, come nella fattispecie, infatti, incombe all’amministrazione dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega), poi perché il conferimento di delega costituisce un atto interno del quale nessuna norma ne impone l’allegazione all’atto impositivo o ne prevede la trascrizione in questo.
Infine, in ordine all’eccezione dei ricorrenti d’illegittimità della responsabilità solidale del rappresentante legale, violazione dell’art. 38 c.c., difetto di legittimazione passiva, ne va rilevata senza dubbio la fondatezza per i motivi di seguito elencati.
L’art. 38 c.c.stabilisce che “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
L’estensione della responsabilità patrimoniale ai soggetti che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, quindi, è funzionale alla tutela dei terzi che, al momento della nascita dell’obbligazione, hanno posto affidamento nella persona di colui che stava assumendo l’impegno, mancando un sistema di pubblicità legale.
Parallelamente anche nei confronti dell’Erario la responsabilità personale e solidale di chi agisce in nome e per conto dell’associazione non è da collegare alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma all’attività concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa e i terzi.
Tale responsabilità non concerne neppure in parte un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione stessa, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia ex lege; ne consegue altresì che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la sola prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. (Cfr. tra tutte Cass. Civ. Sent. 25748/2008 e 26290/2007).
Nessuna dimostrazione invece è stata fornita dall’ufficio procedente in ordine alla concreta attività svolta in nome e per conto dell’associazione dal legale rappresentante nell’anno di riferimento, per cui non può ritenersi sussistente alcuna responsabilità solidale di quest’ultimo.
Le predette argomentazioni inducono questo giudicante a ritenere fondate le tesi dei ricorrenti e quindi ad accoglierne i ricorsi.
Per il principio della soccombenza, le spese di giudizio, determinate come da dispositivo, vanno accollate alla resistente agenzia delle entrate.
PQM
Accoglie i ricorsi e per l’effetto annulla l’opposto avviso di accertamento.
Condanna l’agenzia delle entrate al pagamento delle spese di giudizio, che liquida complessivamente in E. 1.000,00 oltre quanto dovuto per legge.

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