26 Set Illegittima la cartella notificata alla liquidatrice di una società «cancellata»
La cartella di pagamento è priva di qualsiasi efficacia, se notificata al liquidatore di una società di capitali che era stata cancellata dal Registro delle imprese. Lo ha riaffermato la sezione tributaria della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 14880 del 5 settembre 2012, ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.
Nei fatti, una società cooperativa a responsabilità limitata, in persona della liquidatrice, era stata raggiunta nel corso del 2002 da una cartella esattoriale, con la quale l’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente aveva iscritto a ruolo l’IVA relativa al 1992. La liquidatrice, nell’impugnare l’atto di riscossione, aveva eccepito l’illegittimità della notifica nei suoi confronti, sul rilievo che la società era stata già cancellata dal Registro delle imprese sin dal 1998. Infatti, secondo la ricorrente, la procedura di liquidazione era stata chiusa e quindi non era più possibile considerare legittima alcuna operazione (attiva o passiva). I giudici tributari di merito di entrambi i gradi hanno dato ragione alla liquidatrice, rispettivamente, accogliendo il ricorso introduttivo e respingendo l’appello dell’Ufficio. In particolare, la C.T. Reg. (sezione staccata) di Latina ha ritenuto che la cartella fosse illegittima perché notificata a un soggetto giuridicamente non più esistente.
Il Fisco si è rivolto agli Ermellini, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., nella parte in cui dispone che la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni (primo motivo). In buona sostanza, secondo l’Agenzia delle Entrate, la cartella di pagamento è stata correttamente notificata alla liquidatrice e, comunque, la motivazione dei giudici regionali appare incomprensibile nella parte in cui conferma la decisione di primo grado sul presupposto della non trasmissibilità delle sanzioni. I giudici del Palazzaccio hanno rigettato il ricorso, alla luce del consolidato principio di diritto secondo cui, una volta liquidata e cancellata la società di capitali dal Registro delle imprese, il processo tributario non può proseguire né nei confronti della persona giuridica, non più esistente, né nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex amministratore, giacché la legge non prevede alcun subentro automatico di questi soggetti nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria (sezione tributaria, fra le ultime, sentenza n. 7327 del 12 maggio 2012).
Infatti, secondo la Suprema Corte, la cancellazione dal Registro delle imprese di una società determina l’estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale (sezione tributaria, sentenza n. 9110 del 6 giugno 2012). Ne discende che, nei processi in corso, anche se gli stessi non siano interrotti per mancata dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e processuale (attiva e passiva) si trasferisce automaticamente (art. 110 del c.p.c.) ai soci (conforme, C.T. Reg. di Milano, sentenza n. 27/49/12). Questi ultimi, per effetto dell’estinzione della società, divengono:
– partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione;
– parti del processo, se ritualmente chiamati in giudizio, anche se estranei ai precedenti gradi del processo stesso.
Nella fattispecie, dunque, la cartella è stata erroneamente notificata alla liquidatrice, perché obbligati erano invece i soci come parti della comunione dei beni residuati o sopravvenuti all’estinzione della società. Infine, si fa notare che già con sentenza n. 22863 del 3 novembre 2011 gli stessi Ermellini hanno ritenuto che un contenzioso tra il Fisco e il liquidatore di una società estinta – al quale sia stata erroneamente notificata una cartella di pagamento per debiti della società – ha ad oggetto una lite sostanzialmente “improponibile”, giacché la cartella stessa a suo tempo notificata è priva di efficacia per l’avvenuta estinzione del soggetto passivo della relativa obbligazione tributaria.
Da ultimo, si segnala l’ordinanza n. 14847 del 5 settembre 2012, con la quale la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha ritenuto che il contributo camerale non va corrisposto soltanto se la società è fallita e non sia stata autorizzata alla continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa. Una società per la quale sia stato chiuso il fallimento e che sia tornata in bonis non può invece qualificarsi “società fallita” e, quindi, è tenuta al pagamento del tributo camerale.
Fonte: http://www.eutekne.info
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